11 West 53 Street, Manhattan, NY.

Il MoMA diventa un luogo in cui rifugiarsi quando le temperature sfiorano i 34°C – 92°F.

Lo spazio suggerisce l’idea di museo come luogo vissuto. Sarebbe limitativo passeggiare da un corridoio all’altro, soffermarsi su un’opera piuttosto che su un’altra se non si facesse esperienza del luogo stesso.

Quindi perché non affacciarsi da quelle enormi finestre?

Quindi perché non rilassarsi in quei corridoi luminosi e di passaggio, in cui sistemare per un istante tracce della propria vita?

Quindi perché correre soltanto di sala in sala cercando di imprigionare in uno scatto opere come La notte stellata di Vincent van Gogh?

Troppa arte in un unico luogo, tanto che ci si chiede

da dove si comincia?

E ripensando al MET, la domanda perde immediatamente di rilevanza.

Perché non perdersi semplicemente?

Voglio ricordarmi del MoMA come il luogo in cui mi sono imbattuta per la prima volta in un’opera di Jean-Michel Basquiat: Glenn, 1984. Un’enorme tela che presiedeva l’ingresso alla Collezione permanente.

“When you look at a Basquiat painting, you can read it.”

Voglio ricordarmi del MoMA come il luogo in cui Les demoiselles d’Avignon di Pablo Picasso, hanno quasi preso vita di fronte ai miei occhi. Nonostante la loro riproduzione in ogni testo, in ogni oggetto-souvenir, i loro profili originari non hanno perso alcuna espressività. Protagoniste indiscusse della sala, la luce illuminava loro soltanto.

Voglio ricordarmi del MoMA come il luogo in cui Bed di Robert Rauschenberg, non era una grande opera isolata, ma una fra le tante presenti per “Among Friends”, la prima retrospettiva dedicata a questo grande artista.

Immerse in una temperatura glaciale, le opere prendono per mano il visitatore, rassicurandolo a volte sul fatto che l’atmosfera percepita è reale. Una costante sensazione di instabilità velata da una cinica tristezza, non mi lascerà neanche per un istante durante il confronto con esse.

La difficoltà di riassumere la vita di un artista in poche righe credo corrisponda alla stessa difficoltà di allestire una mostra in “poche” sale. Quali opere scegliere, in che modo disporle, quali artisti correlati includere in questo grande racconto?

Questo ultimo interrogativo rimanda all’imprescindibile necessità del singolo di rapportarsi ad un eco di voci differenti e fra loro slegate. Voci che dopo essersi mescolate, mutano in parole riportate da una soltanto. La propria. Non si può mostrare un Robert Rauschenberg come entità completamente indipendente da tutto il resto e legato solo alla sua arte, ma è necessario includere tutti coloro che sono stati fondamentali nel suo percorso.

Per questo troviamo Cy Twombly, compagno di studio ai corsi estivi dell’Art Students League di NY, compagno di viaggio nel 1952 in Italia, protagonista dello scatto Cy + Relics, Rome, 1952 e immancabile citazione nei disegni a matita che ricoprono il cuscino di Bed.

Per questo troviamo John Cage. Colui che definì i White Paintings come degli orologi capaci di restituire sensazioni. Colui che si ispirò a Robert Rauschenberg per la sua composizione 4’ 33’’. Colui che definì Bed poi non così “friendly” come lo stesso creatore affermava.

Per questo troviamo Jasper Johns, le cui opere Tiro a segno e Lattine di birra Ballentine furono di fondamentale importanza per la crescita stessa di Rauschenberg.

Per questo nella prima sala della mostra, una tela in cui due figure scomposte risaltano in un blu troppo intenso da poter essere guardato con fare frettoloso. Speculari quanto dissimili. Sono Robert e sua moglie Susan Weil.

E in qualche modo tutti loro ci invitano ad entrare nella vita di Robert Rauschenberg.

 

Vanessa Marchegiani

In cover: MoMA, (c) Vanessa Marchegiani

ROBERT RAUSCHENBERG: AMONG FRIENDS

dal 12 giugno al 17 settembre 2017

al MoMA in 11 West 53 Street, Manhattan, NY.

www.moma.org

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